di Antonio Ferrara Romano

Dalle viscere dell’archeologia si è levato un grido di speranza, di pace, di libertà.

Il sito romano di Gravetta, cuore dell’antica Forentum, si è reinventato palcoscenico e habitat naturale ospitando arte e denuncia sociale.

‘Lo cunto de le genti, storie di uomini, fede e ricerca della felicità’: questo il nome dello spettacolo organizzato dall’associazione MAC (Movimento di Arte e Cultura) con il patrocinio del Comune di Lavello e la collaborazione del Mibact e della Soprintendenza lucana.

In un momento in cui la città sta vivendo una fase di riscoperta archeologica, la valorizzazione del territorio si è confusa piacevolmente con la musica e la recitazione, partorendo un concept che ha avuto il sapore dell’evento nell’evento.

Iniziativa fortemente voluta dall’amministrazione comunale, rappresentata in loco dalla neo assessora alla cultura Luigia Carlone, e dalla dottoressa Maria Grazia Liseno che ha voluto ringraziare – non senza emozione – tutto lo staff del MAC per aver reso possibile la serata.

Bravissimi gli artisti in scena. Il canto di Daniela Ippolito – accompagnato dalla sua arpa – vibrava di una sorta di genesi biblica in cui tutto è nudo e puro, le mani di Vincenzo D’Orsi hanno accarezzato le percussioni e i piatti luccicanti di una luce radente, mentre attraverso le letture della Bibbia, di Martin Luther King e di Francesco d’Assisi, l’attrice Eva Immediato ha fatto suo il pathos di milioni di persone.

Così, tutto è diventato primigenio, sacro ed eterno. L’archeologia è in fondo un tornare alle origini e il significato sociale della serata ha voluto ribadire proprio questo: tolte le sovrastrutture, le rielaborazioni distorte, i pregiudizi fallaci, resta l’essere umano nella sua ontogenesi.

È da lì che si deve ripartire ed è lì che bisogna approdare.