Un mese fa Maryna Novozhylova, 27 anni ucraina, veniva uccisa con un colpo d’arma da fuoco.

Un terribile episodio che ha scosso le coscienze della città di Melfi e che ha generato, purtroppo, prese di posizione non particolarmente felici.

Alla Porta Venosina la manifestazione per ricordarla e per ribadire che nessuna forma di violenza è tollerabile, tantomeno le giustificazioni annesse.

Non c’è estrazione sociale, scelte di vita o provenienza che tenga: questo è e deve essere un assioma.

Grazie all’impegno di un gruppo di donne e uomini di Melfi, al sostegno di Telefono Donna e dell’amministrazione comunale, la città si è fermata a riflettere.

Lungo il sentiero che conduce alla Porta sono state sistemate decine di scarpe rosse, simboli di quelle donne che non ci sono più.

Poi la lettura di alcuni monologhi tratti da ‘Ferite a morte’ di Serena Dandini.

La signora Luba, rappresentante della comunità ucraina di Melfi, ha rivolto un accorato appello: “Restiamo uniti, amiamoci. Le divisioni generano incomprensioni, cattiveria, odio irrazionale”. Poi la richiesta di fare una colletta per trasportare la salma di Maryna nel suo paese d’origine: “Maryna non aveva nessuno a parte sua sorella, i suoi genitori sono morti. Sola fino alla fine. Credo sia doveroso ricongiungerla alla terra che l’ha generata”.

Nel suo intervento, il sindaco di Melfi Livio Valvano ha ribadito: “L’importanza del rispetto della legalità affinché ciascuno di noi possa vivere al sicuro. Oggi ci sono due famiglie che soffrono alle quali dobbiamo tutto il nostro conforto e sostegno”.

Poi il passaggio sulla riscossa sociale non ancora in atto: “Se oggi una donna deve porsi problemi su come vestirsi o sulle proprie scelte di vita, se una donna deve vedersi limitate le possibilità di carriera professionale, allora questa società ha ancora molto lavoro da fare. Ma Melfi non resterà a guardare”.

In chiusura la proiezione dei nomi delle vittime di femminicidio in Italia nel 2018: 38, fino a ieri.

Non dimentichiamo e non dimentichiamoci.