Eleggono un sindaco mai visto e che a malapena sa dov’è il comune in cui si è candidato: non è il soggetto di un film di Albanese ma quello che è successo a Carbone, in provincia di Potenza. Nel borgo nel Parco del Pollino è stato eletto sindaco Vincenzo Scavello, un siciliano estraneo alla comunità. La lista di “autoctoni” è stata presentata tardi e non è stata ammessa. Così si sono sfidate due liste composte da perfetti sconosciuti. Il motivo? Ricevere i giorni di aspettativa dal lavoro.

Sindaco per caso – 78 voti. Tanti ne sono bastati al siciliano Vincenzo Scavello per diventare il primo cittadino di Carbone, comune del Potentino immerso nel verde del Pollino con più elettori che abitanti, per via dei tanti iscritti all’Aire. Peccato che la sua elezione non fosse prevista: il candidato, infatti, non è originario del borgo e gli stessi abitanti non lo conoscono. Stessa, surreale situazione per lo sfidante, Antonio De Lorenzo, perdente con sole 14 preferenze.

Comportamento diffuso – Le ragioni? Un vizio di forma e un malcostume italiano, anche se perfettamente legale. Il difetto tecnico è che la lista degli abitanti di Carbone è stata ricusata perché è presentata fuori tempo massimo, quindi non ha potuto partecipare. Di conseguenza sono rimaste in gioco solo due liste di “forestieri”, senza bisogno di alcun quorum per la validità delle consultazioni. La cattiva pratica, invece, è diffusa in molti piccoli Comuni sparsi per l’Italia grazie alla legge 121 del 1981, che consente ad alcune categorie di dipendenti pubblici di mettersi in aspettativa – in alcuni casi anche retribuita – quando ci si candida alle elezioni.

Commissariamento? – Ora ci si aspetta le dimissioni di Scavello e il commissariamento di Carbone.