Gli Stati Uniti d’America sono nel pieno dell’emergenza Coronavirus, e San Fele, la piccola città montana lucana è un sogno. Un sogno che approda sulla prima pagina del Washington Post per appagare il desiderio di normalità dei lettori e offrire un messaggio di speranza. Perché come narra il terso, in questa terra a quattro ore a sud di Roma, «in un posto in cui nessuno si è rivelato positivo o si è ammalato» la vita sembra poter fare a meno anche di tante precauzioni, perché, come dice il sindaco Donato Sperduto, «tutti conoscono tutti, la nostra paura è chi viene dall’esterno».

E il giornale americano celebra la ricetta che ha portato questa piccola comunità lucana ad essere un’oasi fuori dal mondo e dalle sue afflizioni per la pandemia, un po’ come una piccola Nuova Zelanda: «Con una combinazione di isolamento geografico, precauzioni iniziali e buona fortuna, la città di San Fele non ha mai avuto nemmeno una curva del coronavirus da appiattire». Un’oasi, ma con la guardia alta: la paura che il contagio arrivi, i visitatori che prima giungevano nel fine settimana accolti con gioia e che oggi scarseggiano e sono fonte di preoccupazione. A San Fele il Covid non c’è, il timore sì. Ma già questo è abbastanza per fare invidia e dare speranza agli Usa.