di Antonio Ferrara Romano

Il capriccio di una pioggia estiva dal sapore autunnale si trasforma in una lacrima sulle gote mature di Roberto Vecchioni quando, nella bellezza di Piazza Duomo a Melfi, intona ‘Le rose blu’, che per intensità e complessità testuale lascia una piccola ferita esistenziale nel cuore di chi ascolta, e medita.

Su quel palco c’è la storia della musica italiana, e non solo.

C’è la cultura di un Professore che non smette mai di scuotere le coscienze. La sua non è solo una carriera artistica che ci accompagna dal 1966. La sua parabola è la restituzione di un testamento di musica e poesia, che si intreccia con il mondo della scuola – dove ha insegnato per 38 anni – e con le striature sociali che cangiano colore al mutare delle stagioni.

Vecchioni è interprete a trecentosessanta gradi. Con la sua ars oratoria, che preannuncia sempre un nuovo brano, cattura le menti, alza il livello culturale, fa divertire e sospirare.

Come quando intesse l’elogio alla donna nella sua enigmatica profondità, citando la poetessa Saffo e sostenendo la parità di genere, una battaglia che deve essere combattuta soprattutto dagli uomini per essere vinta.

E sarà pure per deformazione professionale, ma il Professore sa come intrattenere il pubblico, con il quale instaura un rapporto chimico, simbiotico, un abbraccio ideale che estende alla sua talentuosa band.

E da quel palco invita a non arrendersi, ad affrontare il destino con coraggio anche quando la sconfitta è alle porte: un Verga al contrario.

Egli è un poeta che loda i poeti, quand’era bambino ha conosciuto Eugenio Montale (che lui chiamava ‘Untale’). E i poeti sono coloro che vedono e sentono le cose in modo diverso: ‘Le Lettere d’amore’ è un omaggio a Pessoa.

Poi la dedica a sua figlia Francesca con la canzone ‘Due madri’, perché in un mondo in cui si tenta di  stabilire in modo arbitrario cosa è normale e cosa no, quello che davvero conta è l’amore.

Impossibile non immergersi nella freschezza della sua voce d’autore che il tempo non ha scalfito, casomai maturato. Egli canta e le sue espressioni facciali svelano quanto siano intimamente connessi il cuore e la mente.

Infine la chiusura con tre ‘mostri sacri’ del suo repertorio: ‘Chiamami ancora amore’, ‘Luci a San Siro’ e ‘Samarcanda’.

Autentiche poesie.