Il NIPT è un test che si effettua in epoca prenatale ed è in grado di stabilire con una buona sensibilità la presenza nel feto delle più comuni anomalie cromosomiche.

Queste ultime sono rappresentate dalla trisomia 21 (responsabile della sindrome di Down), dalla trisomia 18 (sindrome di Edwards) e dalla trisomia 13 (sindrome di Patau).

Il NIPT è anche in grado di evidenziare la presenza di anomalie numeriche dei cromosomi sessuali (X e Y) quali, ad esempio, quelle relative alla sindrome di Turner (in cui è presente un unico cromosoma sessuale X), alla sindrome di Klinefelter (maschio con un cromosoma X in più, ovvero XXY), alla condizione XYY (maschio con un cromosoma Y in più) e alla condizione XXX (femmina con un cromosoma X in più).

A partire dalla 6^ – 7^ settimana di gravidanza è presente, nel sangue materno, DNA libero di origine fetale. Tale DNA può essere utilizzato, a partire dalla 10^ settimana, per la determinazione delle anomalie cromosomiche mediante una sofisticata tecnica di genetica molecolare chiamata NGS (Next Generation Sequencing) che analizza sequenze di DNA specifiche dei diversi cromosomi. Il test di base prevede la determinazione delle principali anomalie cromosomiche, con un rischio di falso negativo generalmente valutato attorno allo 0,1%.

I tempi di risposta, per il test di base analizzato in Italia, variano dai 3 ai 5 giorni lavorativi circa. In caso di riscontro positivo (cioè di anomalia cromosomica) il risultato del test va confermato con una diagnosi prenatale invasiva (villocentesi od amniocentesi), come prevedono le linee guida del Ministero della Salute. È oggi tecnicamente possibile estendere la capacità analitica del NIPT a tutti i cromosomi del cariotipo umano.

La differenza fra NIPT e diagnosi prenatale invasiva riguarda in primis la maggiore sensibilità della diagnosi prenatale tradizionale (invasiva), che è in grado di individuare – a differenza del NIPT – situazioni di mosaicismo a basso livello e trisomie o monosomie parziali ditutti i cromosomi. Tali situazioni sono peraltro di infrequente riscontro alla nascita.

La seconda differenza va certamente a vantaggio del NIPT e consiste nell’assoluta mancanza di rischio per la gravidanza, trattandosi di un semplice prelievo di sangue venoso materno. Nel caso di diagnosi tradizionale invasiva, esiste invece un rischio di aborto legato alle procedure di prelievo e alle loro possibili complicanze stimato attorno all’1% per la villocentesi e allo 0,5% (o meno) per l’amniocentesi.